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FAQ Difesa nazionale

 Come fai ad essere uno stato sovrano dentro la Nato?

Leggi questo articolo: https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-italexit_sovranit_e_nato_alcune_domande_per_il_dibattito/82_36702/

Che posizione avete sulla NATO?

La definizione "Nato" dice tutto: Sigla di North Atlantic treaty organization, alleanza militare istituita con il trattato del 4 apr. 1949  sotto l'egida statunitense e con l'adesione di altri 11 Stati occidentali ed altri poi successivamente.

La Nato non può essere una struttura dominata completamente dagli Stati Uniti e l'Italia non può ridursi a eseguire ordini esterni come accaduto con il governo Draghi.

Bisogna dire basta e uscire dalla Nato, facendo diventare l'Italia un paese neutrale. "Noi questa guerra non la vogliamo e non vogliamo pagare il prezzo di un'asimmetria che la Nato ha creato. Ecco perché chiediamo di uscire dalla Nato. L'Italia dev'essere la Svizzera del Mediterraneo, un Paese neutrale in grado di riuscire in un bacino geopolitico strategico a fare politica internazionale" ha spiegato Paragone. 

Perchè no armi all'Ucraina?

é una palese violazione della Costituzione Italiana, quella di aiutare con armi un paese già in guerra. In questo caso specifico a livello Etico crea maggiore perdità che vantaggi per l'Ucraina e per altre nazioni inclusa l'Italia.

Siete pro Cina, Russia o USA?

Siamo PRO ITALIA e la sua costituzione. Collaborazioni con le grandi potenze vengono in second'ordine rispetto alla nostra piena sovranità nazionale, in relazione alle situazioni geopolitiche e condizioni macroeconomiche del tempo presente in cui vengono valutate ed intraprese.

Rilancio della nostra leadership nell’area del Mediterraneo, attraverso un posizionamento neutro e terzo. Mettere in discussione la partecipazione alla Nato, all’OMS e altre organizzazioni ormai del tutto opsolete.

Sui confini nazionali?

I CONFINI NAZIONALI,BALUARDO DELL’AUTODETERMINAZIONE
I confini nazionali sono qualcosa di imprescindibile per la definizione stessa di Stato: averne un controllo capillare non può che essere una priorità per una politica degna di questo nome.

La regolazione dei flussi migratori è necessaria innanzitutto per tutelare la coesione sociale di un Paese. Se è vero che nei momenti di crescita un’immigrazione - ben modulata – costituisce una risorsa preziosa, non c’è dubbio che durante le contrazioni del ciclo economico questa possa innescare drammatiche conseguenze sociali.

Vale poi la pena soffermarsi su una riflessione: sebbene uno Stato d’arrivo che disponga della sovranità monetaria abbia tutti gli strumenti per garantire la piena occupazione e possa trarre il massimo profitto dal processo migratorio, gli Stati di partenza rimangono comunque piagati dal dramma dell’emigrazione di massa.

Questi Paesi, perlopiù vittime del giogo neocoloniale, vengono in questo modo depauperati dell’unica ricchezza rimasta a loro disposizione: i giovani. Oggi la lotta per l’autodeterminazione dei popoli passa proprio attraverso il controllo dei confini, esercitato nei confronti di merci, persone e capitali. Gestirli accuratamente non significa solo salvaguardare le identità e le culture nazionali, ma vuol
dire soprattutto difendere l’insindacabile diritto di tutti gli uomini di poter vivere nel proprio Paese.

Al controllo dei confini deve accompagnarsi l’impegno per la massima integrazione possibile degli stranieri che lavorano nel nostro Paese, a tutela sia degli immigrati che della costruzione di un mercato del lavoro trasparente e non duale, coerente con l’obiettivo della
piena occupazione.

Come la mettiamo con l'Europa

OLTRE LA UE, PER UNA REALE COLLABORAZIONE EUROPEA
È ormai sotto gli occhi di tutti come il processo di integrazione economica europea, lungi dal promuovere «un’unione sempre
più stretta tra i popoli dell’Europa», abbia enormemente acuito le divergenze intraeuropee, causando una diffusa devastazione
sociale e fomentando sentimenti di rivalità tra Stati che non si vedevano dai tempi della seconda guerra mondiale.

Questo rappresenta un ostacolo alla cooperazione multilaterale tra Paesi europei su temi cruciali quali la geopolitica, la gestione
dei fenomeni migratori e la questione climatica. Abbandonare la moneta unica non comprometterebbe questo tipo di cooperazione; al contrario, mettere i singoli Stati nelle condizioni di poter tornare a operare nell’interesse dei cittadini rappresenta la conditio sine qua non per il rinnovamento del progetto europeo su basi radicalmente diverse, cioè sulla libera cooperazione tra i popoli d’Europa fondata sul rispetto delle prerogative sovrane e democratiche di ciascun Paese.

Solo in quest’ottica è possibile reimmaginare l’Europa come uno spazio di pace, di cooperazione e di democrazia, ma anche di rispetto della pluralità e della diversità delle varie comunità nazionali e dei vari sistemi economici e produttivi.


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